Ius soli: cos'è, cosa prevede e dov'è in vigore

Il principio dello ius soli lega la cittadinanza al luogo di nascita ed è applicato, in varie forme, in molti Paesi del mondo. Scopriamo insieme cosa prevede, dove è in vigore e perché in Italia rappresenta ancora un'eccezione nel panorama giuridico europeo.
In Italia, ogni volta che si parla di riforma della cittadinanza, il tema torna sotto i riflettori tra sostegno e resistenze: spesso si sente dire che nessun Paese europeo applica davvero questo principio. Ma è davvero così? I dati ufficiali raccontano un'altra storia: lo ius soli – con cui si ottiene la cittadinanza del Paese in cui si nasce - soprattutto nella forma temperata è presente in moltissimi ordinamenti. Ma cos’è lo ius soli e qual è il suo significato? Scopriamolo insieme.
Cittadinanza e modelli giuridici: dallo ius soli allo Ius culturae
La cittadinanza è il legame giuridico e simbolico che unisce un individuo a uno Stato. Ma come si diventa cittadini alla nascita? Non esiste una risposta univoca, perché ogni Paese adotta criteri diversi, spesso legati alla propria storia, cultura e concezione dell’identità nazionale.
I quattro modelli principali sono:
- Ius soli (diritto del suolo): è cittadino di un determinato Stato chi nasce all’interno del suo territorio, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori. Questo principio, nella sua forma illimitata, riflette una visione inclusiva e territoriale dell’identità: essere nati e cresciuti in un Paese implica farne parte. Per quanto riguarda invece lo ius soli temperato, la sola nascita sul territorio non ne sancisce l’appartenenza come cittadini, ma bisogna avere anche altri requisiti, che variano di Stato in Stato.
- Ius sanguinis (diritto del sangue): è cittadino chi ha almeno un genitore che possiede la cittadinanza dello Stato. È il principio prevalente in Italia e in molti Paesi europei, basato sull’eredità familiare e sul legame etnico-culturale. Può essere illimitato (il proprio luogo di nascita è irrilevante), o condizionato (può avere diversi elementi discriminanti, dal territorio in cui si nasce, allo stato civile dei genitori, alla cittadinanza di entrambi i genitori).
- Ius culturae e ius scholae: sono forme più recenti – che potrebbero rientrare tra le ipotesi di ius soli temperato - che legano la cittadinanza alla frequenza scolastica, alla padronanza della lingua e all’integrazione sociale, con piccole differenze tra loro. Introdotta in alcune legislazioni (come in Germania o in Francia in forma indiretta), rappresenta un ponte tra il diritto e la realtà quotidiana vissuta da bambini e ragazzi stranieri.
- Ius soli sportivo: nasce dalla necessità di poter tesserare nelle società sportive atleti stranieri ma residenti nel Paese. In Italia la legge prevede la possibilità per i minori stranieri regolarmente residenti almeno dal compimento del decimo anno di età, di essere tesserati presso le federazioni sportive con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani. Non è cosa da poco se si pensa ai tantissimi minori stranieri che frequentano le stesse scuole dei minori italiani, e che in questo modo possono anche praticare sport agonistico con i loro amici. Non si tratta, però, di un riconoscimento della cittadinanza (che eventualmente può arrivare solo a 18 anni ma sulla base di altri requisiti), tanto è vero che questi atleti, pur se tesserati, non possono essere inseriti nelle selezioni nazionali, cioè, in pratica, non possono gareggiare con la maglia dell’Italia.
Nella pratica, molti ordinamenti combinano questi modelli. Ad esempio, la Francia e la Germania affiancano allo ius sanguinis una forma di ius soli temperato o di ius culturae, concedendo la cittadinanza ai minori nati sul loro territorio a determinate condizioni di residenza o scolarizzazione.
Lo ius soli in Italia: un’eccezione, non la regola
L’Italia applica in modo quasi esclusivo il principio dello ius sanguinis. Chi nasce da genitori italiani è automaticamente cittadino italiano, anche se nasce all’estero, seppur con alcune limitazioni. Il decreto-legge, approvato dal Consiglio dei ministri a fine marzo 2025, prevede che i discendenti nati all’estero saranno automaticamente cittadini italiani soltanto per due generazioni: solo chi ha almeno un genitore, un nonno o una nonna nati in Italia sarà cittadino dalla nascita.
Avranno la cittadinanza italiana se nasceranno in Italia oppure se prima della loro nascita uno dei loro genitori, già cittadino italiano, aveva abitato per almeno due anni continuativi in Italia.
Al contrario, chi nasce in Italia da genitori stranieri non è cittadino italiano alla nascita, nemmeno se la sua vita si svolge interamente nel nostro Paese.
Le uniche eccezioni previste dalla legge n. 91 del 1992 sono:
- Il bambino nato in Italia da genitori ignoti (cioè abbandonato)
- Il bambino nato in Italia da genitori apolidi (senza cittadinanza)
- Il bambino nato da genitori stranieri che, secondo la legge del loro Paese, non possono trasmettere la cittadinanza al figlio
Per tutti gli altri vale la cosiddetta “naturalizzazione per nascita e residenza”: il minore nato in Italia da genitori stranieri può fare richiesta di cittadinanza solo al compimento dei 18 anni, a condizione che:
- Abbia risieduto legalmente e ininterrottamente in Italia dalla nascita
- La richiesta venga presentata entro il compimento del 19esimo anno di età
Si tratta quindi di una procedura non automatica, che può rivelarsi burocraticamente complessa, con il rischio concreto che il giovane perda il diritto se non è adeguatamente informato o se ha avuto anche brevi interruzioni nella residenza legale.
Secondo i dati ISTAT, al 1° gennaio 2024 i residenti in Italia tra gli 11 e i 19 anni sono oltre 5 milioni e 140mila. Il 9,7% dei ragazzi in questa fascia di età, poco meno di 500mila, è rappresentato da stranieri residenti, comprese le nuove generazioni nate in Italia da genitori stranieri, con un’incidenza più elevata di quella che si rileva per il totale degli stranieri sull’insieme della popolazione (9%). È interessante notare, inoltre, come il 6% dei ragazzi italiani tra gli 11 e i 19 anni possiede una doppia cittadinanza.
Di fronte a questa realtà, appare evidente come l’attuale legge sia datata rispetto alla società contemporanea: il tema della cittadinanza è giuridico, ma anche profondamente sociale. Coinvolge le cosiddette seconde generazioni, giovani nati e cresciuti in Italia, ma che italiani lo diventano – se va bene – solo dopo i 18 anni.
Lo ius soli temperato in Europa: la normalità
Contrariamente alla narrazione diffusa, l’Italia non sarebbe affatto un’eccezione in Europa se adottasse lo ius soli temperato. Questo modello è già in vigore in numerosi Paesi, tra cui:
- Francia: chi nasce in Francia da genitori stranieri, può acquisire la cittadinanza francese al compimento dei 18 anni, se risiede lì da almeno 5 anni, e se i genitori avevano un permesso di soggiorno regolare al momento della sua nascita.
- Germania: un bambino nato in Germania ottiene la cittadinanza tedesca se almeno uno dei genitori ha un permesso di soggiorno a tempo indeterminato da almeno tre anni e risiede legalmente nel Paese da almeno otto anni.
- Gran Bretagna: un bambino nato sul territorio britannico anche da un solo genitore già in possesso della cittadinanza britannica, o che è legalmente residente nel Paese, è automaticamente cittadino del Regno Unito
- Portogallo: serve una semplice richiesta da parte di padre e madre, e almeno 2 anni di residenza di uno dei due genitori
- Irlanda: un bambino nato sul territorio irlandese ottiene automaticamente la cittadinanza se almeno uno dei genitori risiede nel Paese regolarmente e legalmente da almeno tre anni.
- Belgio: cittadinanza automatica a 18 anni per i bambini nati nel territorio da genitori stranieri, anticipata al compimento dei 12 anni se i genitori sono residenti da almeno 10 anni
- Olanda: il bambino straniero può ottenere la cittadinanza o al compimento del 18esimo anno d'età (se in possesso di regolare permesso di soggiorno e se è vissuto in Olanda per almeno 5 anni senza interruzioni) o se è nato da almeno un genitore che ha la sua residenza principale nei Paesi Bassi.
L’America: patria dello ius soli illimitato
Lo scenario cambia radicalmente nelle Americhe. Qui lo ius soli assoluto è garantito in forma illimitata nell’83% degli Stati, mentre il 14% ne ha adottata una versione condizionata e solo il 3% ha un ordinamento giuridico che non lo prevede:
- Stati Uniti: lo ius soli è sancito dal XIV emendamento della Costituzione: chiunque nasca su suolo statunitense, ne è automaticamente cittadino. Benchè sia di fatto uno dei cardini su cui è stato fondato e costruito l’intero Paese, Donald Trump ha più volte dichiarato di volerlo abolire.
- Canada, Messico, Argentina, Brasile, Perù, Ecuador, Honduras, Giamaica e molti altri adottano lo stesso principio.
Secondo i dati dell’Osservatorio Internazionale sulla Cittadinanza, nel continente americano l’83% dei Paesi riconosce la cittadinanza automatica a chi nasce sul proprio territorio. Un dato che si riduce drasticamente in Europa, Asia e Africa, dove prevale lo ius sanguinis o lo ius soli condizionato.
In Italia è possibile una riforma sullo Ius Soli?
Nel tempo, in Italia sono state avanzate varie proposte per riformare la legge sulla cittadinanza, ma nessuna è diventata legge. Eppure, una forma di ius soli temperato allineerebbe l’Italia alla maggior parte degli Stati europei. La questione è sempre più urgente: riguarda l’identità, i diritti e la piena appartenenza di chi vive, studia, lavora nel nostro Paese fin dalla nascita.
Paola Greco
Foto di apertura: Freepik